Una trasformazione digitale di successo può offrire vantaggi significativi. Ma per ottenere i risultati desiderati le aziende devono prestare attenzione a non imbattersi in alcuni diffusi equivoci.
La trasformazione digitale ha tutto il potenziale per essere trasformativa; se fatta bene infatti, essa può consentire alla tua azienda di trarre benefici significativi e documentabili. I concetti e le strategie alla base della trasformazione digitale non sono nuovi, ma è fondamentale avere le idee ben chiare a priori, sul percorso che si andrà ad avviare.
Di seguito sette miti da sfatare sulla trasformazione digitale, definiti dagli esperti del settore e dai leader aziendali e IT.
Ecco i principali miti (falsi) della trasformazione digitale
Mito n°1: la trasformazione digitale è una competenza IT
Con le nuove ed emergenti funzionalità digitali, è importante ricordare che la trasformazione riguarda tanto la direzione quanto il reparto tecnologico. Per avere successo le aziende necessitano di poter valutare il futuro reale utilizzo della tecnologia per migliorare il loro modello di business e connettersi con i clienti finali. La tecnologia può essere un potente attivatore, ma necessita indubbiamente di una struttura organizzativa allineata a supportare gli obiettivi del progetto, di una cultura che accetti le motivazioni del cambiamento, e un processo intuitivo aziendale che connetta le persone e i sistemi; peculiarità fondamentali per un risultato rivoluzionario.
Mito n°2: la vera trasformazione è il viaggio di un chip blu
C’è ancora molta confusione su ciò che realmente è la trasformazione digitale. C’è chi pensa che equivalga ad installare un nuovo sistema ERP, di conseguenza i grandi gruppi credono di poter dominare le loro imprese semplicemente perché hanno avuto successo nel passato. Altre startup, come Amazon, Uber e Netflix, tra gli altri, hanno riscontrato un enorme successo rispetto agli operatori tradizionali nei loro rispettivi settori. Molto innovativi, osservano i loro processi e apportano aggiustamenti per migliorarli. La maggior parte delle aziende, però, non dedica il tempo necessario per capire i propri processi aziendali o creare mappe di processo attive. Più del 70% degli intervistati dell’indagine di Villanova nel 2016 che hanno espresso interesse verso la trasformazione digitale dei dati, ha affermato di non disporre di mappe di processo attive. Questo è il momento in cui i CIO esperti possono riemergere come salvatori . “Quando i tempi sono difficili, tutti vogliono soluzioni”, i CIO possono aumentare la loro influenza nelle organizzazioni che hanno bisogno di aiuto, guidando importanti sforzi di trasformazione digitale. Il ruolo del CIO diventa quindi di fondamentale importanza per il successo di questa trasformazione.
Mito n°3: la trasformazione digitale consiste nella riduzione della forza lavoro
La trasformazione digitale usa spesso l’intelligenza artificiale e le capacità di apprendimento automatico, portando talvolta a credere che il gioco finale della trasformazione digitale sia una riduzione dei posti di lavoro per le risorse umane.
Ma, così come è assolutamente fondata l’idea che l’IA e l’apprendimento automatico potrebbero arrivare in un futuro molto prossimo, è altrettanto vero che c’è ancora bisogno dell’importante valore aggiunto derivante dall’esperienza dell’essere umano. Maggiore è l’automazione e l’analisi di dati, più è necessario il coinvolgimento e l’apporto delle persone per guidare gli algoritmi e tenere i processi sotto controllo.
Mito n°4: la trasformazione digitale è completamente basata sulla tecnologia
C’è la percezione che le aziende abbiano bisogno di nuovi strumenti, modelli e competenze per competere in un nuovo campo di gioco. Il 78% delle aziende intervistate afferma di utilizzare la tecnologia per ottenere risultati di business, ma solo il 28% è sicuro della propria capacità di applicare la tecnologia per raggiungere gli obiettivi aziendali. Le aziende spesso mirano alla trasformazione digitale perché vedono il cambiamento degli ambienti di business circostanti e delle richieste dei clienti, senza considerare che la tecnologia da sola, non è la panacea.
Infatti le aziende che puntano alla trasformazione digitale, devono tener conto di adeguati investimenti a livello di tempo e sotto il profilo economico per la costruzione della giusta cultura, oltre che per la trasformazione della funzione IT e l’acquisizione di nuove competenze e opportunità di partnership.
Mito n°5: il buy-in esecutivo è una cosa sicura
Affinché qualsiasi progetto abbia successo, è necessario il buy-in e il supporto continuo da parte della direzione; la trasformazione digitale non è diversa. Spesso tuttavia i dirigenti senior sono titubanti nel coinvolgere tutti i compartimenti aziendali, a causa della complessità del processo.
Per intraprendere un’ iniziativa digitale giocano un ruolo assai rilevante una motivazione seria e un solido impegno da parte della direzione. Con queste carte si può intraprendere con il piede giusto il percorso di cambiamento.
Mito n°6: la trasformazione digitale porta l’armonia tra IT e Business
Una trasformazione digitale di successo richiede la collaborazione tra l’IT e il business, ma non bisogna dare per scontato che l’armonia tra IT e business sia un risultato garantito.
A questo proposito riportiamo quanto dichiarato da Bennett di Schneider Electric, in riferimento ai rapporti tra IT e Business Unit. “Non vanno molto d’accordo. Provengono da punti di partenza veramente differenti.” “C’è una credenza persistente da parte degli uomini d’affari di essere limitati dall’IT piuttosto che esserne abilitati; mentre ci sono stati alcuni cambiamenti di paradigma quando si tratta di IT di base, lo stesso non vale per l’IT operativo.”
Mito n°7: il viaggio digitale finisce con l’implementazione
La trasformazione digitale non è sempre la pallottola d’argento per risolvere un problema aziendale. Doggendorf, vice presidente delle operazioni aziendali e CIO per la squadra di hockey Dallas Stars NHL, afferma di aver aperto gli occhi dopo l’implementazione di un nuovo sistema telefonico con funzionalità di reporting per tracciare i dati di vendita. “Quando i direttori delle vendite hanno iniziato a guardare i sistemi”, ha dichiarato “le esigenze hanno iniziato a diventare sempre più grandi e quando vedevano una demo puntavano sempre più in alto “. L’IT ha acquistato un sistema con molte funzionalità, e “onestamente, l’unica cosa che usano è la dashboard”, osserva. Con il trascorrere del tempo, Doggendorf dice di aver imparato che bisogna “spingere indietro la comunità degli utenti e ottenere un impegno da parte loro” far capire loro che useranno un nuovo prodotto e dovranno impararne i meccanismi. “Così tante volte, gli utenti ci portano una soluzione che ritengono bella, ma non si rendono conto di cosa realmente potrebbe significare per loro. Ne è un esempio il sistema telefonico, che offre la capacità di effettuare l’analisi dei dati e della Business Intelligence, ma non viene utilizzato al massimo delle sue potenzialità”.
Un’ implementazione come si deve richiede un ambiente molto maturo, e una profonda revisione della cultura aziendale.
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Fonte dell’articolo: CIO
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